Report assemblea nazionale contro le grandi opere e per la giustizia ambientale – 29 settembre 2018

Parte da Venezia un percorso di mobilitazione contro le grandi opere e contro il governo del cambiamento che, attraverso il coinvolgimento aperto e partecipato di tante istanze territoriali, porterà a una data nazionale.

Ci siamo incontrati in tante e tanti, in centinaia, qui a Venezia. Trovarsi è sempre importante, lo è ancora di più farlo in un momento come questo. Siamo di fatto alla chiusura del primo semestre di vita di questo nuovo governo. Il primo, come amano dire “i vincitori eletti dal popolo”, dopo anni di governi tecnici. Tanti proclami elettorali, tante promesse, tanti slogan. Ad oggi non pare però cambiare molto nella vita delle persone e del paese, lavoro e reddito che mancano, povertà, diritti, salute, ambiente. Si riempiono però i telegiornali di slogan e di decreti, come quello sicurezza, che poco cambiano la vita delle persone. Un governo che gioca più sulle paure che sulla sostanza. Una utile guerra tra poveri per far stare tranquilli i ricchi.

“Abbaiare” contro i migranti è utile a nascondere uno degli aspetti per cui il cosiddetto governo del cambiamento sembra invece allinearsi a tutti quelli che l’hanno preceduto: ci riferiamo alle politiche in tema di modello di sviluppo e grandi opere. Ecco il voltafaccia del Movimento Cinque Stelle che ha promesso lo stop alle grandi opere ed ora si rimangia la parola. Lo fa a partire dalle Grandi Navi e dal Mose a Venezia, le prime avrebbero dovuto scomparire e invece rimangono in Laguna, il secondo avrebbe dovuto essere bloccato e invece pare ormai inarrestabile. Procedono spedite anche le altre grandi opere regionali, tutte benedette dal Presidente Zaia e dalla Lega.

Il TAV avrebbe dovuto essere cancellato, invece si balbetta di costi e benefici (e la stessa cosa vale per il Terzo Valico). Il TAP è stato “blindato” dal Presidente della Repubblica e dal ministro degli Esteri. Taranto è stata tradita sull’ILVA. Le zone terremotate del centro Italia sono di fatto abbandonate a loro stesse. I progetti di trivellazione vanno avanti come se nulla fosse e la lista potrebbe continuare ancora a lungo.

Il tragico crollo del ponte Morandi a Genova è l’emblema del collasso del sistema infrastrutturale italiano, fondato sul cemento, appaltato ai privati, gestito con inumana negligenza.

In questa situazione ci pare chiaro che non esistano governi amici e che tutti i comitati e i movimenti territoriali siano chiamati ad un salto di qualità, cioè alla costruzione di un fronte unito che, da subito, sappia mettersi in movimento, da sud a nord, per ottenere finalmente lo stop alle grandi opere, in nome di una giustizia ambientale che passa per la fine della corruzione e per l’investimento in messa in sicurezza di tutti i territori, e che porti alla costruzione di una manifestazione nazionale a Roma entro l’autunno.

Questo è il nostro impegno. E’ un’assunzione di responsabilità che nasce a partire dalla consapevolezza della nostra forza, della diffusione capillare dei nostri comitati. Noi non manifestiamo “solo” contrarietà a singole opere, non proponiamo “solo” alternative per singoli territori, ma oggi ci riconosciamo come forza collettiva che esprime modelli di convivenza sociale ed ambientale diametralmente opposti a chi ci governa. Alla distruzione del territorio, alla corruzione, alla mancanza di democrazia, al patriarcato ed al razzismo noi contrapponiamo modelli di convivenza che si basino sul rispetto reciproco tra natura umana e non umana, tra provenienze geografiche e generi.

In tutto questo i cambiamenti climatici ci pongono davanti alla sfida urgente di pensare e agire insieme per costruire un modello diametralmente opposto a quello del sistema neoliberista basato sulla crescita infinita e sull’estrattivismo.

Spezzare il meccanismo perverso delle grandi opere non è un’urgenza tra le tante, nemmeno afferisce al solo ambito dell’ambientalismo. Questa è una sfida cruciale per tutte e tutti coloro che vogliono cambiare il clima politico generale di questo paese, per battere Salvini e, al tempo stesso, per non ritornare al passato.

Per questa ragione Venezia ha rappresentato la prima tappa di un percorso che vorremmo portasse ad una grande mobilitazione nazionale dei movimenti contro le grandi opere, per la giustizia ambientale e per i beni comuni. In questa idea non vi è nulla di scontato, ma sappiamo che la prima condizione per il suo successo è quello di dare vita ad un processo aperto e partecipato, in grado di accogliere realmente le tante istanze territoriali e di trasformarle in forza collettiva.

Per questo abbiamo scelto di non lanciare immediatamente una data di mobilitazione, ma di costruire alcuni appuntamenti intermedi, uno dei quali sarà in Val di Susa a breve.

Vogliamo così gettare le basi per un percorso che non si esaurisca in una data di mobilitazione ma sia capace di costruire l’alternativa di cui parliamo.

Nella intensa giornata di assemblea, i comitati veneti hanno espresso la volontà e la necessità, a partire dal movimento No Pfas, di riunire e intrecciare le lotte regionali che si battono in diversa forma per il bene comune, per costruire una giornata di mobilitazione comune da fare a Venezia per puntare il dito contro il sistema che da Galan a Zaia ha permesso la devastazione e il biocidio nel nostro territorio.

 

La diretta dell’assemblea al Sale Docks:

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