La morte di Venezia

Internazionale (di Lee Marshall)

Domenica scorsa c’è stata una manifestazione contro l’arrivo delle grandi navi a Venezia, che per qualche ora è diventata una specie di mini piazza Taksim. Se l’immagine simbolo della protesta turca è quella della donna dal vestito rosso, quella di Venezia potrebbe essere quella dei manifestanti che si difendono dalle manganellatedelle forze dell’ordine con piccoli canotti da spiaggia.

Se c’è una protesta fondata su ragioni solide e condivisibili, è questa contro le navi da crociera sempre più grandi che arrivano a 150 metri da piazza San Marco e attraccano a poca distanza delle case del quartiere San Basilio. Chiunque abbia visto una nave di 300 metri sfilare lungo il canale della Giudecca come un enorme albergo galleggiante saprà che il contrasto di scala è assurdo e insostenibile.

Il fotografo Gianni Berengo Gardin ha sottolineato questo bullismo navale in modo eloquente in un reportage. Ma non è solo una questione estetica. Non serve essere un ingegnere idraulico per capire che lo spostamento di centomila tonnellate d’acqua più volte al giorno non fa bene al delicato ecosistema della laguna e al tessuto urbano di una città terracquea. Il comitato No grandi navicalcola che quando passa una nave da crociera l’acqua nei rii cala di venti centimetri per il risucchio. Inoltre, stimano l’inquinamento prodotto da una grande nave come l’equivalente di 14mila automobili: le polveri sottili e l’elevato contenuto di zolfo nel carburante navale sono i rischi maggiori.

Da parte loro le autorità portuali schierano esperti per minimizzare i rischi ambientali legati al percorso attuale lungo labocca di porto del Lido e il canale della Giudecca, o per valutare l’ipotesi dell’apertura di un nuovo canale che permetterebbe alle navi da crociera di fare una specie di percorso a senso unico in laguna. Peccato che uno degli esperti chiamati in causa abbia smentito di aver firmato il nulla osta scientifico. La seconda carta che le autorità locali si giocano è quella dell’occupazione e dell’impatto economico che un eventuale divieto avrebbe su Venezia. Ma le crociere portano soprattutto un turismo giornaliero, mordi e fuggi, che non contribuisce molto né all’economia della città né alla qualità della sua offerta turistica. I lavoratori portuali e quelli dell’indotto continuerebbero a lavorare anche se le navi più grandi fossero costrette a fermarsi alle bocche di porto, come richiede il comitato No grandi navi, facendo poi il trasbordo su navette ecologiche più adatte alle dimensioni e all’unicità di Venezia.

Ma il problema delle grandi navi a Venezia è soprattutto il problema della miopia di una classe dirigente locale, regionale e nazionale che ormai da decenni sta svendendo una delle città più belle del mondo, senza un progetto serio per una Venezia alternativa.

Una Venezia che non sia solo un grande parco tematico in cui gli abitanti, sempre di meno, servono solo come tocco di colore.

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