Se le vedi all’improvviso sbucare in fondo a via Garibaldi mentre ti volti, la risposta al perché il loro passaggio scateni tali e tante tensioni in città arriva solo guardandole. Grattacieli dei mari. Che, coricati su un fianco, sfiorano piazza San Marco passando per il canale della Giudecca. E che mentre l’orizzonte, in fondo a via Garibaldi si oscura, lasciano col fiato sospeso fino alla fine del loro passaggio i veneziani.
Loro, i crocieristi, salutano dall’ultimo piano dell’hotel galleggiante. A terra, ma anche in acqua, nelle piccole imbarcazioni che usano tutti i giorni per spostarsi, il popolo dei comitati «No grandi navi» domenica ha opposto, il suo no secco al passaggio di quelli che chiamano «mostri», bloccando di fatto buona parte dell’attività marittima della giornata (solo poco prima delle 21, le crociere sono ripartite).
Un no ad un’altra isola del Giglio, un no ad un’altra Genova.
Il prossimo appuntamento istituzionale è per il 13 giugno quando il sindaco Giorgio Orsoni, incontrerà il Ministro Lupi per affrontare l’argomento. Intanto sulla questione, è intervenuta ieri Ilaria Borletti Buitoni, ex presidente nazionale del Fai e ora sottosegretario al Ministero per i Beni e le Attività Culturali del Governo Letta: «Chiariamolo subito: io sono fermamente contro le grandi navi. Il problema è che i dati raccolti dalle associazioni non sono mai stati condivisi e resi espressione dell’istituzione locale».
In che senso?
«Nel senso che i dati raccolti dalle associazioni e dai privati, sono tali che se recepiti dalle istituzioni potrebbero portare ad un fermo delle grandi navi perché descrivono una situazione drammatica, di inquinamento pesantissimo e danni alle rive inaccettabili.
I dati che vengono presentati ufficialmente, invece, e che sono stati recepiti dalle istituzioni, dicono che non c’è un danno diretto».
Una discrepanza, insomma..
«Sì, una discrepanza che andrebbe ricucita, prima di tutto chiedendo che tutte le parti coinvolte condividano i dati in loro possesso per arrivare al dunque. Questo da un punto di vista formale. Tecnicamente invece, nel caso in cui fosse necessario un ulteriore controllo dei dati attualmente disponibili il percorso sarebbe semplice: abbiamo fior di università che potrebbero affiancarci nel farlo».
Cosa intende quando dice «controllo dei dati»?
«Intendo semplicemente che dopo i fatti di Genova, è diventata necessaria una riflessione ulteriore sull’esattezza dei dati presentati finora a Venezia. Dev’essere fatta un’ulteriore verifica sul problema della sicurezza dei natanti trascinati da rimorchiatore ad esempio.
Io credo che debba esser fatto in questo senso un riadeguamento delle analisi finora presentate e che debba essere fatto proprio tenendo conto di quanto accaduto in Liguria. E’ nell’interesse di tutti ricalibrare le cose, e sapere dove stia la verità dei fatti».
Una volta emersa quale sarà l’iter?
«Da una parte c’è chi dice che questa sia una questione veneziana, e come tale debba essere lasciata nelle mani dei veneziani e chi invece pensa che essendo diventata di interesse internazionale e avendo oltrepassato definitivamente i confini nazionali, sia corretto spostare il terreno della decisione a Roma. E’ chiaro che la prima parola è certamente delle istituzioni locali, cui si aggiungono le sovrintendenze facendo la loro parte ovvero l’esercizio dell’azione di controllo. Però è anche vero che la questione è di interesse internazionale.
Abbiamo gli occhi del mondo addosso. È bene che si decida e si decida rapidamente. E per farlo abbiamo bisogno di dati certi. È chiaro che se un ente deve bloccare d’ufficio il passaggio delle grandi navi per farlo ha bisogno di dati inconfutabili e la decisione dev’essere inattaccabile. Ciò premesso dobbiamo andare avanti. Non posso che auspicare che non succeda come con la Tav. Che non si trasformi cioè tutto in uno scontro formale che rimarrà bloccato per anni».
Lei ha parlato anche di danno estetico..
«Visto che per il momento non c’è convergenza sui dati, visto che non ci sono dati che sono stati acquisiti dalle istituzioni come definitivi, ho fatto un’analisi personale. Vedere quei mostri che entrano in canale della Giudecca è una follia. Io le abolirei comunque, anche se dagli studi riaggiornati emergesse che non c’è danno diretto alla città. Non si può pensare che a Venezia entrino navi di quella dimensione. Già gli yacht ormeggiati a Punta della Dogana durante la Biennale o i grandi appuntamenti mondani non mi sembrano consoni, figuriamoci quei grattacieli».
Su questioni estetiche (e non solo) si è molto dibattuto anche sulla torre che Pierre Cardin vorrebbe costruire a Marghera…
«Ho visto un rendering della torre. Secondo me è bruttissima e rovinerà lo skyline di Venezia. Secoli di storia non vanno violentati con un’opera di quel genere. Non è certo il frutto della genialità di un architetto che abbia deciso di fare un «gesto architettonico» ad hoc. Non si può pensare di amare Venezia e trovarla compatibile con quella torre. Che oltre a tutto avrà una visibilità da lontano impressionante. Si staglierà da sola, nell’orizzonte veneziano in cui tutto si perde tra le costruzioni basse».