Di Massimo Rosin (“altritaliani.net”)
A Silvio Testa, ideatore e mente del Comitato No Grandi Navi di Venezia, abbiamo posto alcune domande.
L’economia e il lavoro si scontrano sempre più con la salute e l’ambiente. Come nel caso dell’ILVA di Taranto, anche Venezia vive questa contraddizione, con il problema del passaggio dei giganti del mare che pericolosamente attraversano il bacino di San Marco e la stretta laguna della Serenissima. Un no ad un turismo selvaggio che danneggia lo stesso valore artistico e culturale di una città unica al mondo. Le alternative proposte dal Comitato No Grandi Navi.
D. Venezia città bella e nobilissima, dicevano una volta. Come è stato possibile ridurla in questo modo, con un turismo che la soffoca sempre di più?
R. Davvero non so rispondere. Non credo ci sia stato un lucido progetto per ridurre la città a Disneyland. Piuttosto immagino che l’incontrovertibile attrattiva di Venezia e la forza dei luoghi comuni che su essa si incardinano, fatti lievitare come un volano da film e letteratura per lo più ammiccanti, abbiano finito per generare una domanda inesauribile che non ha trovato freni. Come l’acqua si insinua per ogni dove lungo le linee di minor resistenza, scavando prima rivoli e poi canali, erodendo ogni argine, così il turismo ha pian piano invaso la città, trovando specularmente al suo interno non operai intenti a rinforzare gli argini ma guastatori dediti per interesse ad abbatterli e amministratori che, per dirla così, hanno preferito seguire l’onda piuttosto che contrastarla. Questo esercito di guastatori interessati, inizialmente piccolo e fisiologico, è stato rinforzato come una quinta colonna dal crescere della domanda turistica, diventando pian piano maggioranza, anche perché la moneta cattiva scaccia quella buona e, come una valanga, il processo si alimenta da sé. La politica tacitamente si è adeguata, divisa tra chi aveva buone intenzioni ma temeva di scontrarsi col crescente potere delle lobbie e chi invece vi ha costruito sopra la propria carriera.
D. La ricettività del turismo. La città è ancora in grado di sostenere l’urto di visitatori che giungono sempre più numerosi anno dopo anno?
R. Già ora la città non regge l’urto, ridotta a parco tematico, con un tessuto commerciale sfilacciato e sempre più dedito al turista, un patrimonio edilizio sempre meno residenziale, costi in ascesa, una qualità della vita compromessa, un crescente degrado civile e direi perfino morale, per il fiume di denaro facile guadagnato senza sudore e senza competenza ma solo sfruttando rendite di posizione. I residenti in Venezia insulare, isole escluse, sono ridotti a 59 mila, travolti ogni giorno da almeno 70 mila turisti che arrivano al mattino e se ne vanno la sera. Tutti i mali di Venezia, moto ondoso compreso, sono in fondo dei corollari di un turismo non governato, metastasi di un cancro che divora la città.
D. Veniamo al tema delle grandi Navi. Quali sono in ordine di importanza i pericoli più seri di questi continui passaggi?
R. Secondo me, nell’ordine: inquinamento, compromissione di rive e fondamente, erosione dei fondali, rischio di incidenti. Le navi usano carburanti sporchissimi, con tenore di zolfo dell’1,5 per cento all’interno della laguna (in mare arrivano anche al 3,5 per cento), quando nel carburante per autotrazione il tenore di zolfo è dello 0,001 per cento (1500 volte più pulito); ogni nave inquina quotidianamente come 14 mila automobili; l’inquinamento prodotto dalle navi da crociera è all’incirca pari a quello dell’intero traffico automobilistico comunale di terraferma. Nel muoversi, le navi dislocano, cioè spostano, tanta acqua quanto il loro peso, centinaia di migliaia di tonnellate, e la pressione esercitata da tali movimenti su rive non protette è devastante. Tale fenomeno provoca in laguna l’erosione dei fondali, ogni anno si perdono in mare circa un milione di metri cubi di sedimenti: cent’anni fa la profondità media della laguna era di 40 cm, oggi è di 1,50 m, tra cinquant’anni sarà di 2,50 m! Quanto agli incidenti, fanno parte dell’ordine delle cose umane. Non c’è solo il rischio che una nave finisca contro Palazzo Ducale, ma, anche, quello di incendi a bordo, di perdita di carburante, di attentati.
D. Dicono le statistiche che Venezia da sola assorbe 1 decimo del turismo nazionale. Siamo già 24 milioni ogni anno. Quanti sono i turisti che vengono dalle grandi navi?
R. Il dato non è chiaro. I crocieristi sono oggi circa 2 milioni all’anno e secondo la Venezia Terminal Passeggeri sono anche tutti visitatori della città; secondo l’Autorità portuale, invece, solo un quarto di essi scenderebbe a Venezia (circa 600 mila), mentre gli altri resterebbero in nave.
D. Che intererssi girano attorno all’arrivo delle grandi navi? Chi sono i beneficiati?
R. Secondo l’Autorità portuale il vero affare del crocierismo sarebbe l’indotto: 5 470 occupati diretti (servizi alla nave e ai passeggeri, economie di fornitura, spese turistiche) per un fatturato di circa 148 milioni di euro all’anno. Le fonti dei dati non sono citate, non vi sono studi al riguardo che non siano di parte, nessuno dice chi ne guadagna, quali sono le società, dove sono localizzate, quali ne sono i capitali, dove vivono i lavoratori, quanto lavorano, con che contratti. Perché se le risposte a queste domande lasciassero capire che una parte o molto dell’indotto vanno altrove, Venezia farebbe (come al solito) solo la parte della mucca da mungere. I costi ambientali non li valuta mai nessuno, ma l’Ente croato per il Turismo ha calcolato che l’utile per la Croazia del crocerismo adriatico è di 37 milioni di euro annui, a fronte di costi ambientali pari a 273 milioni di euro annui, con uno sbilancio, dunque, di circa 238 milioni di euro a stagione.
D. Le autorità portuali hanno sempre respinto tutte le istanze di protesta del Comitato No Grandi Navi. Perché?
R. Perché si bevono senza approfondimenti il mantra interessato dell’indotto economico a cui la città non potrebbe rinunciare, puntando a salvare capra e cavoli col togliere le navi dal solo Bacino di San Marco. Il che equivale a non risolvere il problema ma solo a spostarlo da un’altra parte dove la gente non lo possa più vedere e dunque lo dimentichi.
D. Che alternative serie propone il Comitato No grandi navi per fermare questi giganti del mare?
R. L’alternativa non è rinunciare al crocierismo ma cambiare questo modello incentrato su una rincorsa al gigantismo che fa solo gli interessi delle compagnia da crociera. In laguna devono entrare solo navi che per misure, pescaggio, dislocamento, carburanti utilizzati siano compatibili con la sicurezza della città, la salute dei cittadini, il recupero morfologico della laguna; e nel numero commisurato a una soglia di sostenibilità turistica complessiva che la città si deve dare assegnandone una quota al crocierismo.
Massimo Rosin