di PAOLA SOMMA 23 Marzo 2015
“Se il Mose funziona lo venderemo ai cinesi». Non è una battuta di Crozza. Lo ha detto Luigi Brugnaro, già presidente della Confindustria di Venezia e fortunato proprietario di Poveglia, l’isola della laguna che si è aggiudicato nel 2014 per 513 mila euro, annunciando la sua candidatura a sindaco per il centrodestra. Non ha spiegato cosa intende fare se il Mose non funziona – forse dà per scontato che se lo terranno in carico i cittadini contribuenti – ma, a riprova del suo impegno per la rinascita della città, ha aggiunto che vuole una fermata della TAV a Mestre e che «non cederemo» le grandi navi a Trieste. Infine, con perfetto piglio renziano, ha concluso l’elegante comizio rammentando al pubblico che «è ora di mostrare gli attributi”.
Brugnaro è uno degli imprenditori/mecenati di riferimento dell’ex sindaco Cacciari, durante la cui amministrazione ha fatto molti “regali” alla città. Nel 2005 ha acquistato dal demanio i Pili, 40 ettari a Marghera, in posizione strategica di fianco al ponte della Libertà, per 5 milioni di euro. In quell’occasione, il comune ha rinunciato al diritto di prelazione sull’area, che il piano regolatore destinava a verde pubblico urbano, parcheggi e attrezzature ad uso collettivo, sostenendo di non avere le risorse per bonificare i terreni. In realtà, neanche Brugnaro intendeva usare soldi suoi, e nelle molte tavole rotonde sulla cosiddetta Green Economy, organizzate dalla Fondazione Pellicani (presieduta dal candidato alle primarie del PD sponsorizzato dallo stesso Brugnaro e da Cacciari) ha sollecitato l’intervento del comune, della regione e del governo per «rivedere il protocollo per le bonifiche» e ridurre gli oneri per i privati.
L’area non è stata ancora bonificata e dati certi sul suo inquinamento non sono disponibili. Secondo le inchieste svolte da Felice Casson, quando era magistrato a Venezia, nel sito dei Pili erano sono stati scaricati «300.000 metri cubi di gessi e fanghi industriali speciali e tossico nocivi».
A chi gli ha chiesto come intenda affrontare il suo palese conflitto d’interessi, Brugnaro ha spiegato che, se eletto sindaco, «non farà niente sulle sue aree»! E ha aggiunto di non avere conflitti d’interesse nemmeno a Venezia insulare dove, nel 2009, il comune ha concesso la gestione per 42 anni e due mesi, in cambio del restauro (esclusi i preliminari interventi di risanamento conservativo già effettuati dal comune), la Scuola Grande della Misericordia ad una società di cui il candidato sindaco possiede l’80% delle quote.
Con procedura “inusuale”, il comune ha inserito nella convenzione del 2009 il proprio impegno a sottoscrivere la fidejussione per l’accensione del mutuo necessario a finanziare i lavori. Per cinque anni, però, la società non ha neppure avviato i lavori, preferendo affittare per eventi il prestigioso complesso del Sansovino. Si tratta di un edificio alto 24 metri, il più alto nel sestiere di Cannaregio, con due grandi sale di 1000 metri quadrati, una dimensione inferiore solo a quella della Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, molto appetibili per le cerimonie dei ricchi. Così, oltre ad ospitare alcuni eventi collaterali della Biennale, ha fatto da cornice al matrimonio di Zoppas, presidente della Confindustria del Veneto, a quello della figlia di un magnate indiano del ferro, alle feste della famiglia Asscher (import/export di diamanti). In queste occasioni, che hanno spesso comportato l’occupazione abusiva dei circostanti spazi pubblici, il comune ha concesso deroghe ai limiti dei rumori e degli orari. Non ha, invece, reclamato il pagamento da parte della società privata di penali e sanzioni per il ritardo nei lavori .
Nel 2013, durante l’amministrazione del sindaco Orsoni, alcuni consiglieri del M5S hanno inutilmente cercato di eliminare la fidejussione di 1 milione di euro dagli obblighi del comune e di ridiscutere l’intera convenzione contestando la natura “culturale” dell’utilizzo effettivo da parte di Brugnaro e soci (uno dei criteri per l’assegnazione della concessione era stata la qualità del progetto culturale, che valeva il 25% del punteggio complessivo) ma l’assessore Maggioni e il vicesindaco Sandro Simionato hanno fatto approvare il documento perché «arriva dalla passata amministrazione e il comune deve onorare gli impegni».
Nel 2014 sono finalmente iniziati i lavori. Ora si parla di un “moderno centro polifunzionale a servizio della città”, di uno “spazio pubblico a forte vocazione culturale, dove si alterneranno attività museali, mostre temporanee, sfilate di moda, degustazioni enogastronomiche, eventi fieristici o sportivi”, di “un contenitore flessibile dove esporre le eccellenze venete, dalle scarpe di Vicenza al vetro di Murano, per incrociare l’Expo”.
In città si dice che a suo tempo Brugnaro ha votato Cacciari ed ora Cacciari voterà per lui, riuscendo ancora una volta a far fuori Casson. Purtroppo non si tratta solo di odio personale, la posta in gioco è il mantenimento del sistema di potere messo in piedi venticinque anni fa con la prima elezione di Cacciari di cui ogni giorno emergono i costi e i danni per i cittadini. Stupisce, si fa per dire, che il commissario che lotta contro il deficit di bilancio non chieda un contributo di solidarietà anche ai mecenati e ai loro protettori. Preferisce tagliare servizi, aumentare tasse e svendere il patrimonio pubblico. Prima di andarsene, potrebbe almeno provare a vendere il Calatrava ai cinesi, ammesso che siano disposti a farsi imbrogliare.