Venezia, 25 novembre 2013
Nella sua ansia di spacciare il devastante scavo del canale Contorta Sant’Angelo per una grande opera di ripristino morfologico della laguna, il presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Costa, si è lasciato scappare uno scampolo di verità laddove in un suo recente intervento ha sostenuto che si può fronteggiare la perdita di sedimenti che la sta trasformando in un braccio di mare solo “proteggendo la laguna dai canali di navigazione e i canali di navigazione dalla laguna”. Ciò vuol dire una cosa sola: che la laguna e i canali di navigazione sono reciprocamente incompatibili!
Di qui, due sole scelte: o quella “hard” dello stesso Costa e di altri Attila come lui, che immaginano la laguna come un campo di patate nel quale si possa fare qualsiasi intervento, scavare canali, spostare barene, creare casse di colmata svendute come elementi naturali, costruire scogliere di pietra; o quella “soft”, sostenuta dal Comitato e da tante altre associazioni rispettose dell’ambiente e delle sue regole, che propongono una portualità sostenibile e l’estromissione delle navi incompatibli dalla laguna.
Insomma, o la laguna è un valore ambientale e culturale da difendere di per sé, anche perché una laguna dissestata non è più in grado di proteggere Venezia, come chiunque non abbia le fette di prosciutto sugli occhi vede, oppure è lecito continuare a devastarla reiterando in maniera ossessiva le stesse logiche e le stesse scelte ottocento – novecentesche che oggi l’hanno ridotta a un catino profondo due metri nel quale scorrazzano i pesci volanti.
Ma la Natura non fa sconti, come dimostrano le alluvioni di Genova e di Sardegna, per non parlare dei tifoni nelle Filippine o dei tornado nel Middle West, e Paolo Costa, anziché progettare la divisione in due della laguna attraverso una scogliera in pietrame lunga 8 chilometri e larga 26 metri per sterilizzare gli effetti del raddoppio del Canale dei Petroli, che il buon senso e la legge speciale vietano, farebbe meglio ad ascoltarne i segnali, iniziando a portar fuori da amministratore previdente quelle navi che presto o tardi il gigantismo, l’innalzamento del livello del mare e il Mose alle bocche di porto estrometteranno comunque.
Si accusano spesso i Comitati come il nostro e le associazioni attente all’ambiente e al territorio di essere il “fronte del no”, mentre Paolo Costa e quelli come lui sarebbero il “fronte del fare”. Noi che sabato manifesteremo a Venezia per un Veneto diverso siamo invece quelli del “fare bene”, quelli che vogliono salvare crocerismo, Porto, lavoro, non violentando la laguna ma rispettandola per evitare le scie di devastazioni, di lutti, di costi ambientali e sociali che le scelte irrispettose e attente solo agli interessi dei poteri forti invece comportano, come dimostrano le cronache quotidiane, solo a volerle leggere.