Venezia – Acqua alta, MOSE e cambiamenti climatici
Sulle responsabilità del Sindaco Brugnaro, su chi appoggia le grandi opere e usa il clima come scusa.
di Laboratorio Occupato Morion
«Sono evidentemente questi gli effetti dei cambiamenti climatici. Adesso si capisce che il MOSE serve». Sono le parole, pronunciate da una Piazza San Marco allagata, del sindaco Luigi Brugnaro. Parole che sintetizzano l’orrore politico di cui questa città è vittima, la lucida follia e la corruzione morale che il nostro primo cittadino incarna.
Follia lucida e corruzione vanno assieme perché ormai ogni persona di buon senso sa che:
1) Il MOSE non fa parte della soluzione, ma del problema. Un’opera nata vecchia, fatta approvare e parzialmente costruita a suon di corruttele, con in testa il profitto privato e non certo il bene comune. Ci è già costata 6 miliardi di euro, 1,5 se lo sono intascato i corrotti. A noi rimane la ruggine di un’opera che non funzionerà mai e la calamità dell’acqua alta. Parliamo di un progetto partorito nel 1989 e di una costruzione iniziata nel 2003. In trent’anni esatti il MOSE ha procurato solo danni alla città: ambientali, economici e politici. Non un solo beneficio. Chi ancora si ostina a presentarlo come la soluzione è uno stupido o un corrotto, oppure entrambe le cose.
Il MOSE non va terminato: non venga speso un euro in più per perpetrare l’orrore e il furto. Si pensi piuttosto a soluzioni efficaci e compatibili con l’ambiente per diminuire l’ingresso di acqua in Laguna. Le alternative esistono, a partire dall’innalzamento del livello delle bocche di porto.
2) Il nostro sindaco chiama in causa i cambiamenti climatici, è evidente che prova solamente ad allontanare le responsabilità politiche. Anche in questo caso, fare appello al MOSE è semplicemente grottesco. Qualche mese fa, la rivista Nature ha pubblicato uno studio che prende come premessa l’eventuale completamento (fanta-scientifico) del MOSE. Se, dicono gli studiosi, il MOSE dovesse trovarsi a funzionare in uno scenario realistico di drastico innalzamento del livello del mare (previsto nell’arco di pochi decenni), dovrebbe rimanere chiuso (ovvero a paratoie sollevate) per più di sei mesi l’anno. Il che significherebbe semplicemente la morte della laguna, incapace di provvedere al necessario scambio di ossigeno e nutrienti con il mare. Il MOSE, dunque, con tutta evidenza, non è un freno agli effetti del climate change, ma un’aggravante. Seconda questione, l’idea di indicare i cambiamenti climatici come qualcosa che assolva la politica è un segno di totale e completa inadeguatezza. Il clima non è una scusa, è la sfida. Se non lo si vuole capire, bisogna andarsene a casa. I cambiamenti climatici non hanno origine divina, non sono, come si dice a Venezia, una “fatalità”. Sono il frutto di un modello di sviluppo che gente come Brugnaro (e come Zaia in Regione) continua a sostenere, mentre i suoi cittadini muoiono o contano i danni in casa propria. Sono i risultati di un sistema economico basato su un’idea criminale di sviluppo illimitato; le grandi opere inutili e dannose sono al centro di questo modello di sviluppo. Dobbiamo pretendere la fine delle grandi opere, tanto quanto va pretesa la fuoriuscita dal fossile.
3) Brugnaro non è solo un grande sostenitore del MOSE, lo è anche delle grandi navi. Era quello che si faceva beffe del Comitato, sostenendo che un incidente sarebbe stato impossibile. Lo ha fatto fino allo schianto dello scorso 2 luglio, a pochi passi dalle affollatissime Zattere. Cosa affermano tutti i sostenitori delle navi in Laguna, anche quelli che le vorrebbero dirottare a Marghera? Ci dicono che bisogna scavare nuovi canali, che servono regole più lasche in merito e che bisogna allargare il Canale dei Petroli per permettere anche alle crociere di arrivare a Porto Marghera. Bene, a Venezia tutt* sanno che una delle cause dell’alluvione del 1966 (record di 1.94 m, sfiorato ieri sera con il picco ad 1.87 m) è stato lo scavo del Canale dei Petroli, vera e propria autostrada, incisa nel corpo vivo della laguna per permettere alle petroliere e ad altre imbarcazioni commerciali di raggiungere il polo chimico. Vogliamo perpetrare l’errore? Scavare ancora? Distruggere le poche difese naturali rimaste alla Laguna? Tutto ciò per salvare gli interessi delle compagnie e della società (quasi del tutto privata) che gestisce le banchine della Marittima?
Dobbiamo invece dire basta a nuovi scavi, fuori le grandi navi dalla Laguna. Lo scorso 8 luglio, eravamo in 10.000 ad urlarlo da Piazza S. Marco, zona colonizzata dai turisti e riconquistata dai e dalle veneziane, contro l’ordine del nostro ineffabile prefetto che avrebbe voluto negarcela.
Oggi, domani e dopodomani saranno ancora giorni di emergenza e di nuove acque alte. Come tutt* i veneziani e le veneziane ci rimbocchiamo le maniche, cerchiamo di tenere al sicuro le nostre case (o i nostri luoghi di lavoro), quelle dei vicini, degli amici e di chi ha bisogno. Venezia si risolleverà senza dubbio, ma casi del genere saranno sempre meno isolati.
Per salvare la città serve una vera rivoluzione del suo modello economico, sociale e politico. Chi incarna tutti i limiti di una gestione inadeguata, il nostro sindaco Brugnaro, dovrà avere la decenza di fare un passo indietro e di dimettersi. Non lo farà, certo, toccherà allora a tutta la città convincerlo. Certo, non è solo un cambio di nome che ci salverà, serve un cambio di marcia complessivo, ma le cose possono cominciare da lì.
#BrugnaroDimettiti