Non mancava proprio nessuno alla marcia per il clima e contro le grandi opere, organizzata a Roma il #23M. Da nord a sud, era presente tutta l’Italia depauperata. Movimenti, associazioni, comitati, singoli individui, bambini e bambine, tutti coloro che hanno vissuto e tuttora vivono, sulle loro terre e sulla propria pelle, gli effetti devastanti apportati dalle grandi opere e dalla speculazione intorno ad essa, ai danni del patrimonio ambientale, del clima e della vita umana, presente e nascitura.
A Roma, hanno marciato insieme grandi e piccole realtà, dalle bandiere storiche della lotta No Tav Valsusa, No Grandi Navi, No Mous e Ilva, sino ai giovanissimi di #FridaysForFutur; accanto, i calabresi contro la centrale del Mercure – all’interno del parco del Pollino – patrimonio dell’Unesco; il comitato No Hub del gas, gli attivisti di Stop Biocidio e anche le tante realtà “periferiche” del sud Italia, dalle lotte contro i piccoli abusi sino alle deturpazioni.
C’erano oltre 150.000 persone a dire che questa Italia, in assenza di un piano nazionale di edilizia pubblica, povera di investimenti per la messa in sicurezza di scuole e ospedali, carente di una strategia energetica dedicata alle fonti rinnovabili, avida persino nella gestione dell’acqua, affamata di capitale, è insicura per tutti i suoi abitanti e pericolosa per il futuro dei bambini, come dimostrano anche i fatti di cronaca.
«System change, not climate change» è stato, infatti, lo slogan univoco del #23M che ha coordinato la marcia contro l’attuale sistema di sviluppo e di amministrazione del futuro comune, su cui si richiede – su scala globale – non ci siano ulteriori speculazioni, corruzioni e giro di vite. E che debba essere il sistema a cambiare e non il clima, lo sanno anche i bambini.
Di Vanna D’Ambrosio
Tratto da GlobalProject.info