Venezia – oltre 4000 in marcia per una città degna

Oltre 70 le realtà cittadine che hanno aderito al corteo promosso dal Comitato No Grandi Navi contro la svendita e la turistificazione, per una città accogliente e solidale.
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Oltre 4000 persone hanno preso parte alla marcia per la dignità di Venezia. Un appuntamento promosso dal Comitato No Grandi Navi che ha visto immediatamente l’adesione di oltre 70 realtà cittadine, tra comitati, associazioni, municipalità, sindacati e partiti. Cittadine e cittadini si sono riprese/i calli e campi e hanno costruito una Venezia accogliente, solidale, viva e vitale che non ha intenzione di arrendersi.

Il lungo corteo è partito intorno alle 14:30 da Piazzale Roma in direzione Campo Manin, dove era stato allestito il palco per gli interventi finali, a pochi passi da Ca’ Farsetti – sede del Comune di Venezia – per mettere in scena una sorta di assedio simbolico.

Appena prima della partenza uno striscione di oltre 10 metri è stato calato dal Garage comunale, a salutare i tanti presenti al concentramento.

fumogeni

La marcia ha proseguito colorata e rumorosa verso Strada Nuova dove, in prossimità di uno dei tanti edifici lasciati all’abbandono e al degrado – pronto per l’ennesima speculazione, o l’ennesimo albergo (sic) – è stata attacchinata una gigantografia donata dal collettivo Awakening  a testimoniare il loro supporto all’iniziativa.

awakening

Migliaia di cittadine e cittadini hanno marciato sotto il sole cocente, portando con loro striscioni e cartelli che riportavano i dati di una trasformazione quotidiana di Venezia: oltre 30 milioni i turisti annui; meno di 54mila i residenti nella città storica; oltre 3000 le case pubbliche vuote; una media di 74 turisti per residente nell’anno 2017; oltre 200 i cambi d’uso annui da residenziale a turistico; oltre 10mila i posti letto in costruzione a Mestre.

Trasformazione che segue logiche di svendita e sfruttamento di una città intera, promossa a piene mani da un’amministrazione che non ha attuato alcuna politica per favorire la residenzialità e contrastare l’esodo e la turistificazione.

cartelli venezia 10g

corteo 10g

All’arrivo a Campo Manin si sono susseguiti gli interventi di alcune delle realtà promotrici.

Stefano Micheletti del Comitato No Grandi Navi ha aperto gli interventi «Sono passati sei anni dal decreto Clini-Passera che vietava l’accesso nel Canale della Giudecca alle grandi navi e cos’è cambiato? Niente! Ieri in laguna c’erano 7 grandi navi e 14.000 crocieristi. Ci hanno presi in giro con discutibili soluzioni alternative, ma il gigantismo navale sembra inarrestabile. Il problema non sono solo eventuali incidenti, ma l’inquinamento dell’aria ed elettromagnetico, e l’erosione dei fondali. Anche noi vogliamo posti di lavoro, come la presenza dei compagni operai della Fiom qui in piazza dimostra. Ma vogliamo posti di lavoro non precari, non sfruttati, lavori in grado di garantire diritti veri!»

Tommaso Cacciari, Laboratorio Occupato Morion: «Nonostante il caldo torrido siamo migliaia, ed è la miglior risposta che la Venezia degna poteva dare a Brugnaro. Mai come in questi anni assistiamo a un progetto di distruzione della città e di allontanamento di chi la abita. Brugnaro ha un progetto preciso che è trasformare la città in un parco a tema galleggiante: è per questo che fa accordi con Airbnb, è per questo che mette i tornelli, vorrebbe mettere anche i biglietti per accedervi.
In questo progetto i veneziani sono solo gente che deve andarsene per lasciare posto libero ai turisti. Ringraziamo tutti quelli che hanno reso possibile quesa Marcia, con un auspicio: se ci mettiamo insieme per costruire un’altra idea di città, più degna e vivibile, allora per Brugnaro non c’è più speranza».

Chiara Buratti dell’Assemblea Sociale per la Casa: «La lotta per la casa va di pari passo con la lotta contro le grandi navi, contro le grandi opere inutili e dannose come il Mose, contro la turistificazione di massa. In questi anni abbiamo recuperato e restituito più di 70 alloggi a cittadine, cittadini, famiglie con bambini. Finalmente possono rimanere a Venezia, per lavorare e studiare come hanno scelto di fare. Questo significa che il futuro ce lo stiamo immaginando insieme».

Giovanni Andrea Martini, Municipalità di Venezia Murano Burano prende la parola anche a nome degli altri esponenti delle municipalità presenti e firmatari: «Il fatto che siamo qui tutto assieme per salvaguardare la nostra città è il dato più importante di oggi. Porto il saluto di tutte le municipalità che assieme alle associazioni possono riuscire a dare una svolta a questa città. Siamo vicini al palazzo del padrone e un giorno potremmo anche pretendere di entrare e assistere ai consigli comunali e prendere parte alle decisioni. La città è stata privata degli spazi pubblici che i cittadini vivono per dialogare. Noi assieme abbiamo tante proposte e dobbiamo e possiamo portarle avanti. Le municipalità hanno un ordine del giorno preciso sul tema del turismo di massa e delle grandi navi: non si deve scavare in laguna, non bisogna manomettere l’ecosistema.  Ci sono tremila case vuote che devono essere date ai cittadini, a chi vuole rendere la città viva».

Marco Baravalle, S.a.L.E. Docks: «Io ho 39 anni, non sono veneziano ma ho scelto di vivere qui. Mi sono innamorato non solo della bellezza di Venezia ma anche della sua vivacità, della vivacità dei movimenti e delle realtà associative di questa città. Per questo mi incazzo quando vedo che i giovani sono costretti sempre più a lasciare Venezia. Questo avviene per colpa di un progetto di gestione urbana neoliberale, di un’amministrazione che sacrifica tutto in nome del profitto. Venezia è unica ma dobbiamo guadagnarcela, lotta per lotta, casa per casa, istanza per istanza. Con il S.a.L.E., per esempio, abbiamo restituito alla città uno spazio libero per la sperimentazione artistica, evitando che diventasse l’ennesima proprietà in affitto all’industria culturale che mira solo a speculare e a sfruttare i lavoratori con contratti senza diritti e stipendi da fame».

Vittoria Scarpa, Venezia Accoglie: «Oggi anche chi vive in terraferma deve affrontare il fatto di essere amministrati da un sindaco  che toglie spazi ai cittadini per darli ai turisti. In terraferma questo lo tocchiamo con mano negli ostelli, nell’aumento degli affitti. Tutto viene messo a profitto, le nostre case, i nostri spazi e le amore attività. Il futuro delle due parti della nostra città è da costruire assieme: non siamo comparse, questa è casa nostra, ed è una città che è sempre stata accogliente. Quello a cui assistiamo non è solo un tentativo di espellere i cittadini ma anche di rendere la vita impossibile ai più deboli. Oggi più che mai è importante diventare una città-rifugio perché il nuovo governo di Salvini e i 5stelle ha dichiarato guerra ai più deboli. Noi crediamo che il diritto di vivere in pace sia un diritto di tutti. Mai come oggi la nostra lotta sarà forte».

Niccolò Onesto, L.O.Co.:  «Il nostro è uno spazio occupato 4 anni fa in via Piave, nota alle cronache come zona di guerra in cui sembra impossibile per i cittadini vivere e attraversarla: è la zona che ha pagato di più il taglio dei servizi sociali e non è un caso che ora Mestre e Venezia siano diventate la capitale nazionale dei morti per eroina. È la stessa giunta che sceglie di chiudere i servizi di prossimità e svuotare le municipalità, e allo stesso tempo militarizza la città e costruisce centinaia di nuovi posti letto a Mestre. Per loro i cittadini sono un peso, l’unica cosa che conta è far guadagnare le multinazionali estere che sulla nostra città speculano e si arricchiscono. Crediamo sia invece fondamentale ripartire dai giovani e dai cittadini per ricominciare a vivere la città».

Numerosi altri interventi si sono susseguiti dal palco.

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Roberta Costa, USB Musei Civici di Venezia: «Noi lavoratori dei Musei Civici siamo un esempio di quello che succede nella nostra città: l’amministrazione si arricchisce con il turismo di massa mentre noi lavoratori esternalizzati dei Musei pubblici siamo sottopagati e ora rischiamo di restare a casa. Vogliamo dire che assieme agli abitanti ci sono anche i lavoratori, noi da un anno siamo allo sbando, probabilmente verremo sostituiti con lavoratori ancora meno pagati e meno tutelati. Noi non scappiamo, siamo qua e non ci arrendiamo».

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Ilaria Boniburini, Eddyburg: «La gestione odierna di Venezia è emblematica di un modello di sviluppo molto diffuso oggi: grandi opere e infrastrutture inutili, che aumentano il debito pubblico e minacciano l’ambiente; privatizzazione dei diritti e dei servizi; privatizzazione della rendita, intascata solo da pochi e mai reinvestita per il bene di tutti; svendita del patrimonio pubblico. Essere qui a questa marcia significa difendere il diritto alla città che è diritto alla vita».

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Sergio Zulian, ADL-Cobas: Quando qualcuno, per difendere schifezze come le grandi opere inutili, si fa scudo con la retorica della difesa dei posti di lavoro, spesso è in malafede. Questi stessi personaggi se ne sbattono ampiamente delle condizioni di lavoro di chi è occupato in questa città: non vanno a vedere il livello di lavoro nero, di precariato, di sfruttamento. Negli alberghi le cameriere ai piani sono esternalizzate a cooperative che ogni anno cambiano e introducono nuovi contratti, sono pagate a cottimo in base alle stanze che fanno e non alle ore di lavoro. Lì dovrebbero mettere i tornelli: per contare le ore di lavoro e garantire una giusta retribuzione. Venezia non è un luna park e questo significa lottare per i diritti e anche difendere il proprio posto di lavoro».

Alla conclusione della Marcia della dignità di Venezia, il commento finale di Tommaso Cacciari:  «Oggi si manifesta in piazza una nuova opposizione sociale al governo di questa città».


(Globalproject.info)

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