Già una letteratura sullo scandalo Mose, ma nulla cambia

A soli 10 mesi da quel 4 giugno 2014, sulla corruzione legata al Mose esiste già una vera e propria letteratura.
Pubblicato da nuovadimensione nel dicembre 2014 “La grande Retata”, il bello e documentatissimo libro dei giornalisti del Gazzettino G. Amadori, M. Andolfato e M. Dianese, che ha fatto seguito a “Corruzione a norma di legge” di G. Barbieri, giornalista dei quotidiani veneti del gruppo l’Espresso, e di F. Giavazzi, economista della Bocconi ed editorialista del Corriere della Sera, pubblicato da Rizzoli.
Ora sempre Rizzoli pubblica “Il male italiano. Liberarsi dalla corruzione per cambiare il Paese”, libro intervista di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, con G. De Feo, giornalista dell’Espresso, recensito da G. Barbieri nella Nuova di mercoledì 8 aprile.
A parte la considerazione che i libri bisognerebbe scriverli prima, non quando “i buoi sono già scappati dalla stalla” e i libri potevano essere intere enciclopedia se solo qualche case editrice mainstream avesse tenuto da conto i materiali autoprodotti dalle associazioni ambientaliste, dai tecnici indipendenti e dal movimento NoMose, che da trent’anni denunciavano lo scandalo della grande opera inutile, dannosa e foriera di corruzione, mi sembra che non stia cambiando niente, all’insegna dell’italico gattopardesco motto: che tutto cambi perché nulla cambi.
Nel libro di Cantone è posto l’esempio di Venezia nella lotta al malaffare dei colletti bianchi: L’Anticorruzione ha infatti chiesto e ottenuto dalla Prefettura di Roma, nell’ottobre scorso, il Commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico dei lavori per la salvaguardia della Laguna.
Ma quali sono i risultati di questo commissariamento?
Il provvedimento è stato preso per finire l’opera, ma dalle risultanze dell’inchiesta emerge con chiarezza che il CVN, la cupola del Mose, non aveva alcun bisogno di pagare tangenti per vincere gli appalti dei lavori, avendone – per legge – la concessione unica, cioè il monopolio degli studi, delle sperimentazioni, delle opere e persino dei controlli sulle opere. I fondi neri, le mazzette, le retrocessioni di fatture false, le sponsorizzazioni e regalie, servivano in realtà per pagare i preposti al rilascio di pareri ed autorizzazioni (i vari via libera delle Commissioni regionali VIA e di Salvaguardia, i silenzi del Magistrato alle Acque, i vari passaggi tecnici ai ministeri e i via libera ai pagamenti del Cipe), nonché comprarsi il consenso in città.
Lo scandalo del Mose non è, o almeno non è solo, una storia di ordinaria corruzione.
Il progetto Mose è stato scelto dal monopolista non perché il migliore, a confronto con altri, ma perché è il più costoso, nonché il più impattante sull’ambiente, e perché richiede una manutenzione la più costosa.
Numerose sono le criticità sul suo funzionamento che non sono state accertate: dalle cerniere al fenomeno della risonanza delle paratie, alla manutenzione stessa, segnalate da studi indipendenti e prestigiosi (la società francese Principia ad esempio). Cosa stanno facendo i due commissari del Mose? Stanno accertando queste criticità? Hanno letto le migliaia di pagine dell’inchiesta della Magistratura (o solo le pagine della “Grande Retata”, il bel libro dei cronisti del Gazzettino) con gli interrogatori dei costruttori che, per pagare la cupola del CVN, “giocavano” sul ferro e sul cemento dei cassoni e sui sassi dall’Istria per le scogliere e le lunate, travolte dalla prima mareggiata? Stanno accertando che i lavori siano stati realizzati a regola d’arte? Faranno un resoconto trasparente di quanto hanno trovato al CVN? Vige tuttora il 12% di oneri del concessionario riservati al CVN sul prezzo di ogni lavoro, una vera e propria tangente legalizzata per la cupola del Mose? Oppure i commissari chiederanno al Governo che almeno sia ridotto al 6%? Nomineranno un’Authority indipendente costituita da tecnici e scienziati super partes per un ispezione su quanto hanno fatto e sulla possibilità di eventuali varianti in corso d’opera che evitino le criticità sul funzionamento delle paratie? Oppure dobbiamo solo incrociare le dita e sperare che funzioni, dimostrando che sono stati sostituiti i vertici del malaffare, ma nulla ancora una volta cambia?
O quando scopriremo che il Mose era un bidone ed avevano ragione gli ambientalisti dovremmo consolarci con un altro libro?

Venezia, 8 aprile 2015
Stefano Micheletti
Associazione AmbienteVenezia

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