Siamo felici che sia stata la Fincantieri ad aggiudicarsi la costruzione della Costa Diadema, anche se non possiamo non rilevare come continui da parte delle compagnie da crociera la dissennata corsa al gigantismo che tanti danni e rischi sta creando non solo a Venezia ma in altre località portuali del mondo. Le comunità locali si stanno mobilitando un po’ dovunque, da Ragusa (Dubrovnik) a Charleston (Usa), e saremo buoni profeti nel prevedere che altre lo faranno, da Trieste a Savona a Livorno a Civitavecchia, non appena si farà strada un po’ di consapevolezza di cosa significhi davvero in termini sanitari e ambientali l’arrivo o il passaggio di queste grandi navi.
Amministrazioni più attente delle nostre stanno affrontando il problema puntando almeno alla riduzione di zolfo nei carburanti, come il Parlamento europeo che valuta in 50 mila all’anno le morti premature in Europa per le emissioni navali o l’amminstrazione Obama che stima in 30 mila all’anno i cittadini statunitensi morti per la medesima ragione. Queste “navi bianche”, di volta in volta definite “templi del lusso” o “ecologicamente all’avanguardia”, bruciano praticamente morchia, con carburanti al 3,5 per cento di zolfo quando il diesel per autotrazione ha tenore di zolfo allo 0,001 per cento, cioé è 3.500 volte più pulito!
Nella stessa logica dell’Ilva di Taranto, cioè quella che baratta il lavoro con la morte, ci si dice che il crocerismo porta a Venezia 500 milioni di euro all’anno, ma ammesso che sia vero (i calcoli sono sempre di parte, nessuno dice dove questi soldi vadano davvero a finire), i costi sanitari, ambientali, sociali non vengono mai messi nel conto. L’unico ente pubblico che lo abbia fatto è l’Ente croato per il Turismo, a seguito delle proteste di Ragusa (Dubrovnik), concludendo che l’utile economico della Croazia per il crocerismo è di 33 milioni di euro a fronte di costi ambientali di 273 milioni di euro!
Il sindaco, Giorgio Orsoni, vuol portare le navi da crociera a Porto Marghera (solo quelle superiori ai 300 m.), e almeno la Costa non sembra ostile all’idea, ma il risultato sarebbe solo quello di nascondere il problema a San Marco, mantenendo all’interno della laguna tutte le criticità, in primis la devastante erosione dei fondali e l’inquinamento, equamente diviso tra Venezia, Mestre, Marghera.
Ribadiamo che l’unica vera alternativa per garantire salute, sicurezza e lavoro è il cambio del modello, la rinuncia alla rincorsa al gigantismo che fa solo gli interessi delle compagnie da crociera: in laguna devono entrare solo navi che per misure, stazza, dislocamento, carburanti siano compatibili con la sicurezza della città, il benessere dei cittadini, il recupero morfologico della laguna stessa.
In questa logica, per permettere all’intera cittadinanza di riflettere su questi temi, abbiamo chiesto proprio oggi al sindaco di rendere pubblico il suo studio sull’ipotesi di terminal croceristico a Porto Marghera e anzi suggeriamo al Comune di aprire un confronto partecipato tra tutti i progetti pubblici e privati che riguardano il futuro della portualità a Venezia.